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La tomba del Profeta

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Tutte le vite dei profeti, laici o religiosi che siano, sono avvolte nel mistero.  Della loro vita reale si sa poco o nulla ma quello per cui passano alla storia sono le proprie gesta che, per quanto conosciute, rimangono comunque in sospeso tra la realtà, la fede e la leggenda. Che sia leggenda o realtà, come tutti saprete la nascita del gioco del rugby viene fatta risalire ad un unico padre, William Webb-Ellis, che esattamente duecento anni fa seminò il primo germoglio ovale con il suo gesto ribelle. Dopo questo evento  egli scomparve  in un attimo  tra le pieghe della Storia così come vi era entrato,  lasciando ai posteri solo qualche notizia sporadica sulla sua vocazione religiosa e sul suo trasferimento a Mentone, in Costa Azzurra, allora come oggi una meta molto ambita dagli inglesi come "buen retiro". E' in questa tranquilla cittadina a due passi dal confine italiano che, sul finire degli anni '50, l'inglese  Ross McWhirter ne rinvenne la sepoltura all'

Edimburgo: piccola guida ovale

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Edimburgo è una calamita, mi attrae a se ogni due anni e mi riporta negli stessi pub, negli stessi luoghi, nello stesso settore di quello stadio che per me non ha eguali al mondo. La città e la sua arena occupano un posto speciale nei miei ricordi e nel mio cuore, dalle tante trasferte in terra scozzese sono sempre tornato con qualcosa da ricordare e con esperienze vissute tra amici che rimarranno indelebili. Al pari di Dublino è il luogo perfetto dove trascorrere un fine settimana all'insegna del rugby, ovunque andrete sarete sempre circondati da un'atmosfera "ovale" e non avrete difficoltà a trovare altri appassionati con cui scambiare due chiacchiere. A questo aggiungete la bellezza della Old Town, del Castello e della vista sul Mare del Nord ed avrete tutti gli ingredienti per un week end da ricordare. Il primo luogo che suggerisco di vedere è quasi un luogo di pellegrinaggio, è la culla del rugby internazionale: Raeburn Place. Se state tornando dalla visita al R

Pillole di Lions - La Genesi

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Il tour dei British & Irish Lions è finalmente partito  e noi siamo pronti a seguire con un occhio clinico tutto quello che avverrà intorno alla selezione britannica durante la loro permanenza in Sud Africa.  Ho detto noi perché grazie alla volontà ed alla tenacia del blogger e amico Barba Ovale sono entrato a far parte di un team di appassionati che passerà sotto la lente d'ingrandimento ogni avvenimento nel mondo Lions. Non essendo un tecnico il contributo che io posso dare riguarda gli aspetti lontani dal campo, la storia, le tradizioni ed i riti che hanno contribuito a circondare la selezione di un'aura magica. E per farlo non posso che partire dall'inizio. E l'inizio è il 1888, quando tre cricketers i cui nomi corrispondono a Shaw, Shrewsbury e Lilywhite, ingolositi dalla possibilità di profitto provarono a replicare nel rugby un format che nel cricket aveva riscosso un discreto successo, quello di creare una selezione britannica per sfidare squadre dell'em

All'origine del cap

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La cerimonia di consegna del  cap,  quel curioso copricapo che rende gli enormi rugbisti moderni così buffi e sorridenti, è il rito che segna il debutto sulla scena internazionale di ogni giocatore selezionato per indossare la maglia del  proprio Paese.  Il loro sorriso è ben giustificato, questo oggetto rappresenta allo stesso tempo l'apice della carriera e  l'inizio di un cammino che si augurano di percorrere il più a lungo possibile. La tradizione e la simbologia che si celano dietro  a questo cimelio mi hanno sempre affascinato alimentando la voglia di sapere di più sulla sua origine e sul suo uso primario, q uindi per placare la mia curiosità mi sono immerso nella ricerca, diradando piano piano le nebbie del Tempo per tornare dove tutto ebbe inizio, sul prato della Rugby School, a q uasi vent'anni di distanza dal giorno della genesi ovale. Su quel terreno, in un pomeriggio del 1839, stavano in riga i migliori giocatori che i college della città potessero schierare, pro

Lì dove sbocciò la Rosa

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Il Pall Mall Restaurant era un locale in voga nella Londra vittoriana,   un posto "in" come dicono gli inglesi, a due passi dalla centralissima Trafalgar Square sulla quale svettava da una trentina di anni  la statua dell'ammiraglio Nelson. Il 26 gennaio 1871 vi si dettero appuntamento i rappresentanti dei 21 club che da qualche tempo giocavano alla variante del football nata a Rugby, decisi a fondare un organo che li unisse dando più voce ed importanza al movimento ma anche, anzi soprattutto, dettasse delle regole di gioco chiare ed univoche per tutti. Al termine della riunione venne alla luce la Rugby Football Union, primo organo di livello internazionale della storia del gioco, dal quale presero spunto i club delle altre nazioni del Regno Unito che nel giro di qualche anno fondarono le proprie federazioni divenendo così le Home Unions. Trovato l'accordo con le firme di tutti i presenti  restava da decidere il simbolo da ricamare sulle maglie. Il motivo per cui usar

Rugby Facts - Il tabellino bianco degli All Blacks

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La vittoria della nazionale argentina sugli All Blacks dello scorso week end mi ha dato lo spunto per rovistare un po' tra le statistiche dei neozelandesi e cercare qualche dato meno conosciuto sulla squadra al primo posto del ranking mondiale. Tra la mole  di numeri e di record  prodotti dai "Kiwis" quello che mi ha colpito più degli altri, sia per il numero esiguo di accadimenti  che per la lontananza di questi nel tempo, riguarda le volte in cui i giocatori della Nuova Zelanda sono usciti dal campo senza segnare neanche un punto. Tanti anni sono trascorsi da quel 1964, quando gli All Blacks finirono gli ottanta minuti di gioco  con il tabellino immacolato, uno 0 nel punteggio che da allora  non si è più ripetuto  e che prima di quel pareggio, passatemi il termine "a mete bianche" con la Scozia (immaginatevi che partita dev'essere stata) è successo solamente altre sette volte, in un periodo in cui il rugby era molto diverso, quasi un altro sport rispetto a

Au Metrò

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Finalmente ci siamo, con febbraio alle porte ed il Sei Nazioni che sta scaldando i motori è il momento di preparare le valigie per seguire la nazionale  in trasferta,  e se  tra le città che ospiteranno gli azzurri avete scelto Parigi allora questo articolo farà al caso vostro.  Perché?  Perché purtroppo nella capitale francese  l'atmosfera ovale  è un po' freddina rispetto alle altre sedi del torneo, camminando lungo le rive della Senna difficilmente vi imbatterete in bar o pub dove trovare quel tipico "calore ovale" che si percepisce in città come Dublino o Cardiff. Per questo, se dopo una giornata passata tra musei e boutique siete alla ricerca di un posto così, dove ogni amante del rugby si sente a casa,  non vi resta che andare alla Brasserie Au Metrò. Dovrete spostarvi un po' dai soliti circuiti turistici per trovare questo locale, che passa quasi inosservato lungo la trafficata Boulevard Pasteur,  dall'esterno nulla traspare della sua anima ovale